Capire il Palio

Associazione Palio Marinaro Costanzo Basini Isola del Giglio

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Capire il Palio Marinaro

Nella frastagliata ed inaccessibile costa dell’isola del Giglio, l’insenatura e la spiaggia del Porto ha costituito, fin da epoche arcaiche, sicuro rifugio alla navigazione del Tirreno centrale. Oltre alla sicurezza del porto, protetto praticamente da tutti i venti eccetto quelli del secondo quadrante, numerose altre condizioni ne hanno favorito da sempre la frequentazione e l’insediamento umano: la presenza di sorgenti di acqua, la pescosità dei mari circostanti, la funzione di vero e proprio scalo marittimo per l’altro centro abitato dell’isola, il Castello (fin da quando questo cominciò ad esistere), la necessità di presìdi o controlli militari (la costruzione della torre nel XV se­colo), la sicurezza sanitaria (i lazzeretti del 1600), la straordinaria peculiarità delle bellezze naturali, dalla varietà della macchia mediterranea alla eccezionale limpidezza del mare della costa granitica.

E la conseguente, naturale vocazione turistica, affonda anche questa le sue radici nei secoli lontani. Recenti studi archeologici hanno ampiamente ed ulteriormente documentato la magnificenza della villa romana dei Domizi Enobarbi di Giglio Porto, rendendoci più facile immaginare cosa doveva essere stata questa zona ai tempi di Roma Imperiale, assieme alle altre due ville domizie della vicina Isola di Giannutri e di Santa Liberata all’Argentario, davanti ad una costa marem­mana salubre e fortemente urbanizzata, con i laboriosi centri di Vetulonia, Roselle, Saturnia, Heba, Cosa (l’attuale Ansedonia) ecc.

Dovendo parlare dell’attuale Palio Marinaro di Giglio Porto del 10 agosto, facile sarebbe la tentazione di una rivisitazione storica delle vicende non dell’isola del Giglio in toto ma del ‘Torto” dell’isola del Giglio dal periodo etrusco-romano ad oggi.

Ma tale operazione risulterebbe sicuramente ardua per vari motivi. Su troppi e troppo lunghi periodi è sceso il silenzio della storia (forse anche per mancanza di do­cumenti).

Certamente un insediamento umano con­sistente e stabile è difficilmente ipotizzabile su una spiaggia in riva al mare, da quando con il crollo dell’Impero Romano, il “mare nostrum” cessò di garantire quelle caratteristiche di sicurezza che si sareb­bero riacquisite solo nel XIX secolo, col venir meno del fenomeno della pirateria. Ma già nel corso del 1700 il Porto aveva cominciato a ripopolarsi, grazie ad una duplice corrente immigratoria di pescatori liguri e napo­letani, attratti dalla pescosità del mare circostante, ricco soprattutto di necton migrante (acciughe e sardine).

Convenzionalmente si considera, come data di nascita di Giglio Porto, 1’8 marzo 1728, allorché il Granduca di Toscana concesse ai pescatori napoletani di pescare il corallo nei mari del Giglio. Ma la presenza, almeno stagionale, di pescatori liguri è confermata fin dal 1500 da varie fonti.

Risulta inoltre arduo comprendere come potessero legittimamente risiedere in pianta stabile i primi abitanti delle case del Porto, perdurando ancora l’obbligo, nel 1700, per tutti gli abitanti dell’isola, di rientrare, a fine giornata, dentro le mura del Castello per trascorrervi la notte al sicuro. L’industria della pesca ed il conseguente incremento demografico del porto ebbe comunque un notevole sviluppo per tutto il 1700 ed il 1800. Interessante lo stralcio che riportiamo di seguito sulla pesca delle acciughe al Giglio, compilato da un commissario governativo del 1862:

… Conoscono i gigliesi i principali metodi di pesca che si praticano col l’amo, colle nasse e colle reti: ma più che altro si sono dedicati alla pesca delle acciughe che si fa colla rete detta “menaida ” al largo nel canale dalle sei alle trenta miglia da terra e sulle coste del Tirreno, nei mesi dall’aprile all’agosto, quando questi pesci, passato lo stretto di Gibilterra, percorrono da ponente a levante il Mediterraneo. Tralasciando pertanto di discorrere delle altre specie di pesca, ci occuperemo di dare al nostro lettore tutte quelle notizie che, attinte sul luogo, possano porlo in grado di apprezzare in tutta la sua estensione questo ramo d’industria gigliese. Questa pesca come è certo ha bisogno di barche, reti e marinari.

Una barca bene attrezzata non costa meno dalle £ 1200 alle £1344: e una muta completa di reti di lino, corredata cioè dei cordami, dei piombi e delle natte di sughero, ha un valore dalle £2268 alle £ 2420 a seconda del costo del lino: per lo che è da ritenersi che una barca armata per la pesca delle acciughe, rappresenta un capitale dalle £ 3468 alle £ 3764.

 I pescatori sogliono valutare le reti a misura e non a peso: e la misura più usitata sino dai tempi antichissimi è lo “spigane”. Uno spigone abbraccia un pezzo di rete lungo ‘passe” otto (la passa marinaresca è la distanza che intercede da mano a mano, aperte le braccia orizzontalmente), pari a mt. 14 e alto passe 11, pari a metri 19,25: ed ha un valore dalle £ 37,80 alle £ 40,32 compreso cordami, piombo e sugheri.

Cinque spigoni formano un “pezzo”: ed una barca ben fornita porta ordinariamente 12 pezzi Ossia 60 spigoni. Una rete dura, salvo casi imprevisti, dai sei agli otto anni. Se ne aumenta la durata sottoponendola ad una “concia”, che consiste nel tenerla per qualche tempo in fusione in un tino ove è stata deposta dell’acqua bollente con della scorda di pino molto sottilmente pestata (la ieppina), la quale le dà un colore marrone molto carico. Annualmente poi tanto le barche che le reti hanno bisogno di riparazioni. Quelle delle barche sono ad esclusivo carico dell’armatore e quelle delle reti se sono in pesca vanno a carico della società (se si tratta digrossi buchi, ma a carico dell’armatore se si tratta di mezze maglie). In media si computano le une e le altre ascendere a £ 84.

Le barche sono ordinariamente equipaggiate da una ciurma di sei individui, uno dei quali fa il padrone, quattro da marinai ed uno da mozzo o ragazzo.

I padroni e i mozzi per lo più sono forniti dal Porto e i marinai dal Castello fra i contadini pratici del mare e adatti al remo. Questa pesca si fa di notte e le ciurme, quando corre il pesce, non conoscono che pochi istanti di sonno. Il loro alimento consiste in ottimo pane biscottato, detto gallette, in pesce e in acqua. Ogni barca ha un prodotto medio da 20 a 25 bariloni d’acciughe nella stagione, di kg. 67 circa, per cadauno. La pesca è fatta in società (a parte) tra armatori e ciurma: e il prodotto, prelevate le spese di acconcimi, di panatica, di spedizioni, di magazzinaggio, di tassa sulla pesca, è diviso come appresso: una parte alla barca: una parte per ogni due pezzi di rete; una parte al padrone a cui è assegnata più una mezza parte a carico della quota toccata dall’armatore. Le barche destinate a questa pesca attualmente sono 37 e montate da circa 221 marinai. Si computa il prodotto della pesca al Giglio nelle annate mediocri a £ 28.560 circa e nelle annate buone a £40.000.

Naturalmente oltre alla pesca, parte dei marinai gigliesi si imbarcava anche sulla marineria a vela.

Si hanno notizie di marinai gigliesi che dettero ottima prova di sé, nel periodo preunitario, sulle navi della ma­rineria pontificia. Approfittando di agevolazioni e con­tributi, prima granducali e poi del governo italiano, molti gigliesi costruirono bastimenti da trasporto e divennero a loro volta armatori.

Ancora nella prima metà di questo secolo Giglio Porto disponeva di una discreta flottiglia di bastimenti a vela di medio tonnellaggio. Altri marinai ancora, soprattutto in questo secolo, erano poi imbarcati su piroscafi e petroliere sul lungo corso. Oggi, che un discreto numero di marittimi gigliesi è presente solo sui traghetti di linea o sui rimorchiatori del porto di Livorno, non è difficile trovare ancora, nelle case del Porto, oggetti provenienti da tutte le parti del mondo e dalla classica tipologia: vassoi decorati con ali di farfalle tropicali del Brasile; igrometri a forma di frate che predice il tempo indicando con una bacchetta le situazioni meteorologiche scritte in spagnolo, su una colonna; carillon neri istoriati, provenienti dall’Oriente; teste di ebano e corni d’avorio provenienti dai paesi rivieraschi africani, ecc.

L’8 giugno 1958, in un periodo di massimo sviluppo della marineria gigliese in tutte le sue forme, la statua della Madonna della chiesa del Porto fu proclamata “Stella Maris” e solennemente incoronata con una corona d’oro regalata dall’intera popolazione. L’atto rappresentò uno dei momenti più significativi e di maggiore partecipazione e coesione sociale e religiosa della popolazione del Porto in epoca pre-turistica.

Oggi la situazione sociale è molto cambiata.

La maggior parte di coloro che ancora risiedono per l’intero anno sull’isola vive di turismo. Molti sono emigrati in varie città della costa ed alcuni sono inseriti in aree lavorative non connesse con il mare. Ma la sera del 10 agosto, al momento della partenza del Palio Marinaro, sono praticamente tutti presenti. E’ stato scritto (da un senese) che non c’è senese che non abbia il cuore in gola e i peli ritti nel momento che i cavalli delle contrade del Palio escono dall’androne del palazzo civico per avvicinarsi al canapo di partenza. La partecipazione emotiva al Palio Marinaro di Giglio Porto, pur antico di secoli, è diversa. C’è la sensazione di “appartenenza al gruppo”, la rassicurante sensazione della stessa cultura di mare che ancora sopravvive nel proprio intimo.

C’è la piacevole consapevolezza di essere compreso: che ti capiscono se usi parole come ghiace, lampada gnacchera, morsato o carchione e che capiscono il senso del discorso se, nella parlata corrente, usi “troncato in chiglia” o “pe’ varà bisogna ung” oppure “agguanta una maglia”.

Nel silenzio dei pochi attimi che precedono il via Palio Marinaro, c’è qualcosa di mistico.

L’osservazione si fissa sui guzzi, sui rematori, particolari dei remi, sullo strofolo insegato, sulla nottola rinforzata. Dopo la gara, l’entusiasmo per la vittoria riguarderà soltanto gli equipaggi e i familiari, i giovani ed i bambini del rione vincente.

Tutti gli altri, già subito dopo il via, l’incitamento al timoniere, i primi frenetici colpi di reme, lo schiumeggiare del mare nella calma serata d’agosto costituiranno la vera emozione e la più intensa rassicurazione: anche quest’anno il rito è compiuto.

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