Antichi scafi

Associazione Palio Marinaro Costanzo Basini Isola del Giglio

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Antichi Scafi

Tre sole
sempre sono state dodici leve in mare più tre le menti al diace.
Di colori due pastelli a testa ne’l vento tre bandiere in festa.
Alte sui pennoni ne’l mito giorno come arcobaleno pare il cielo adorno.
Da dieci anni e dieci e dieci in corsa sono gemelle da prora a poppa in legno
RENELLA, CALDANE, CANNELLE.
E pria ancora dei sei lustri, lungi nei ricordi quei nomi d’un tempo come esseri.
Antichi scafi di legno scafi da pesca nei giorni d’augusto superbi scafi da corsa. Diverse, l’un l’altra diverse.
Nomi d’un tempo come esseri antichi scafi nei cuor presenti vincenti s’incagliano ancora in centro al curvo renile.
Ora serra l’EMILIA ora schianta l’AGNESE ora in paranza la SPEME arranca saracena/genovese.
Peso abbuffa il NORGE mentre la LIA a quadra poppa la boa torge.
Eccolo, primo un colpo di lancia lo SPUNCIAO.

La poesia è dedicata ad alcune delle vecchie imbarcazioni che venivano utilizzate per il Palio Marinaro prima della costruzione delle nuove barche nel 1968.

L’‘Agnese “fu costruita nel 1932 dai fratelli Rum, maestri d’ascia e figli del mitico “calafato” immortalato dal novelliere Ferdinando Paolieri nell’omonimo racconto. Era di proprietà di Biondi Matteo, personaggio semplice e buono che gestiva con la moglie Lorenza un negozio di alimentari.
L’“Agnese” era allora adibita al trasporto dei passeggeri dal traghetto, che a quei tempi non entrava in porto. Qualche anno dopo fu acquistata da Andolfi Giovanni ed usata sia per il trasporto del granito sia come barca da pesca.
La “Speme” fu acquistata nel 1936 a Porto Maurizio (Oneglia) da Mamiliano Schiaffino come barca da pesca. In alcuni periodi fu adibita anche al trasporto dell’uva ansonaca per li Continente.
E ‘‘Emilia” classe 1930, di proprietà di Pini Francesco (l’Argonne) fu comprata ad Alghero e trasportata al Giglio dal navicello “Luigino” barca di proprietà della famiglia dei ‘Pizzicati”. Continuò ad essere adoperata fino a pochi anni fa anche come barca a vela da diporto dal figlio Argentino, ora comandante in pensione. Quando la caratteristica imbarcazione non fu più idonea alla navigazione, fu offerta come pezzo da museo. Dato il disinteresse della locale Amministrazione Comunale, l’“Emilia”, perfettamente “armata” con drizze, sartie, scotte, bozzelli, alberatura, vela e fiocco, fu allora sepolta, con tutti gli onori, nel suo cimitero naturale, il fondo del mare, proprio sulla “mira” del Luigino a sua volta affondato assieme a tutti gli altri bastimenti della sua epoca.
La “Lia” ed il “Norge” erano altre imbarcazioni locali da pesca.
Lo “Spunciao” fu invece acquistato negli anni ’60 dal dr. Mauro Piazzesi, un radiologo che veniva al Giglio come turista e che dettò per telefono a un vecchio pescatore del Porto, incaricato di riverniciarlo, il nome di “Spugnalo”. Il vecchio capì male e scrisse sulla barca “Spunciao”. Siccome secondo una vecchia superstizione marinara cambiare nome ad una barca porta male, il simpatico ed originale nome di “Spunciao” rimase quello definitivo.

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